E’ stata la mano di Dio il ritorno di Sorrentino

Paolo Sorrentino torna al cinema grazie a Netflix, In E' stata la mano di Dio

Paolo Sorrentino presenta in anteprima il suo ultimo film su Netflix essendo, senza dubbio, il più personale finora. In ‘E’ stata la mano di Dio‘ vediamo la possibilità di superare un trauma attraverso l’arte, che ha un posto anche nel calcio.

E’ stata la mano di Dio espone la propria tragedia personale, passata attraverso il filtro della finzione, con la quale elimina con eleganza e delicatezza, i suoi peggiori demoni adolescenziali.

Non si dedicava al lungometraggio dal 2018. Lo sceneggiatore e regista premio Oscar Paolo Sorrentino ci sorprese quell’anno con un particolare ritratto del popolare Silvio Berlusconi nel suo film Loro.

Ora, grazie a Netflix, ritroviamo il suo stile particolare in alcune stanze selezionate e sulla piattaforma grazie al film E’ stata la mano di Dio. Da mercoledì 15 dicembre possiamo goderci la storia di un ragazzo, Fabietto Schisa (Filippo Scotti), nella turbolenta Napoli degli anni Ottanta.

In E’ stata la mano di Dio, facciamo un viaggio nell’adolescenza di Sorrentino, in un periodo di grandi momenti — come la comparsa del leggendario calciatore Diego Maradona — e per un’altrettanta imprevista tragedia. Il destino fa la sua parte, gioia e miseria si intrecciano e il futuro di Fabietto si mette in moto.

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Recensione

Sorrentino ha messo molto di sé in questo film. Torna nella città in cui è nato per raccontare la sua storia più personale: un racconto romanzato sulla propria storia. Così presenta un giovane adolescente in piena scoperta di sé, dei suoi gusti e dei suoi riferimenti, sempre protetto dall’affetto familiare.

Ma un trauma molto forte cambia radicalmente la sua vita e, da allora, ha fatto di tutto per ritrovare il fascino che il mondo ha perso per lui. Il suo modo per raggiungere questo obiettivo è attraverso la ricerca dell’arte e la sua prima ispirazione, Diego Armando Maradona.

La personalità di questo progetto è innegabile. Forse perché il processo di lutto e ricostruzione del protagonista è una rappresentazione ridotta al minimo della propria esperienza di fronte alla tragica morte dei suoi genitori – secondo le stesse dichiarazioni del regista -, questo film riflette su grandi concetti come destino, famiglia, arte, amore e perdita.

Il regista, napoletano di origine e devoto tifoso di Maradona, sceglie la passione per questo personaggio calcistico come filo conduttore della sua partenza dal profondo. Ma il film è anche un sincero omaggio alle sue radici e alla storia che ha voluto raccontare per anni, nonostante ci sia voluto tempo per costruire e portare a immagini le sue. Ne è prova il primo piano della sequenza d’apertura, che riproduce una grande parte di Napoli solo per iniziare il film.

Da lì, il film è puro Sorrentino, e non tanto per l’identificazione del suo stile in base ai suoi film precedenti, ma per il campione che ci offre della sua quintessenza. Un passato doloroso emerge in modo chiaro ma austero, in una storia semplice come mai prima d’ora nei suoi titoli precedenti, che ci porta in un viaggio intimo ed emotivo, dove è meno artificiale e più onesto.

Anche la fotografia si distingue per l’atmosfera gioviale e luminosa che ha portato tanta brillantezza a La grande bellezza , il suo più grande successo. Eppure la semplicità tecnica esalta la storia e fa appello ai sentimenti umani più profondi.

Trailer

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